Tra gli eventi più significativi di quest’anno finanziario, il collasso di Silicon Valley Bank, noto come il principale istituto finanziario di riferimento per le startup della Silicon Valley, ha sollevato non solo un’ondata di stupore, ma anche un’amara riflessione su questioni più profonde e rilevanti. L’istituto, che aveva svolto un ruolo centrale nell’alimentare l’ecosistema delle nuove imprese, è crollato sotto il peso di circostanze sfavorevoli, dalle conseguenze della pandemia, alla guerra russo-ucraina. Un vero e proprio caso “clinico” che ci invita a guardare indietro nella storia e a riflettere sulle lezioni che sembrano non essere state apprese.

Nel tentativo di semplificare le cause di questo crollo, emerge una domanda cruciale: perché, nonostante gli avvertimenti storici e la dolorosa memoria della crisi finanziaria passata, le lezioni non sono state applicate? In questo excursus critico, cerchiamo di trarre un insegnamento positivo a favore dell’adozione di pratiche di gestione del rischio più efficaci.

Il Crollo

Siamo alla fine dell’inverno 2023 quando inizia a circolare la notizia: SVB, una delle principali Banche di oltreoceano, riferimento delle maggiori startup della Silicon Valley, ha chiuso i battenti. Moltissime imprese, a causa della pandemia prima e della guerra russo-ucraina poi, non ce l’hanno fatta. 

Ma quando accade ad una Banca, oltre allo stupore, si genera una vera e propria indignazione. Perché la Banca, per quanto “organizzazione privata”, esiste in forza di una moltitudine di risparmiatori ed investitori che hanno creduto nel progetto, nel brand, nella visione dei promotori. 

D’altronde, quello dello scorso 10 marzo è il maggiore crollo di una banca americana, la SVB – Silicon Valley Bank, dalla crisi di Lehman Brothers del 2008. E quindi un caso “clinico” davvero interessante. Semplificando, potremmo dire che nessuno ha imparato dal passato; e chi non impara dai propri errori, merita di stare fuori dal mercato. 

Dispiace per i risparmiatori, un po’ meno per gli investitori, che nella loro qualifica di soggetti “professionali”, devono pretendere e verificare la corretta implementazione delle pratiche di risk management. E se proprio tentassimo di andare a ritroso nella scala delle responsabilità, sarebbe da chiarire anche il ruolo delle varie Autorità di Vigilanza, tenuto conto che di controlli la SVB, almeno negli ultimi 3 anni, pare ne abbia avuti 26. Possibile che nessuno si sia accorto di cosa bolliva in pentola?

Il Risk Management di SVB

Le informazioni disponibili descrivono un portafoglio investimenti della Banca impiegato prevalentemente in titoli di stato americano a cedole fisse. Tuttavia, per sua natura, una composizione di questo tipo porta ad una diminuzione del valore del portafoglio stesso in concomitanza con l’aumento dei tassi. E considerando la genesi di codesto aumento, ovvero quale decisione delle Banche Centrali di tutto il mondo di “domare” l’impennata dell’inflazione contraendo i consumi, non ci voleva un mago per capire che saremmo arrivati esattamente a questo punto. 

L’attività dei risk manager della Banca su cosa si è incentrata? Perché non si è pensato di mitigare i rischi con un’operazione di copertura tramite strumenti IRS (interest rate swap) ovvero sistemi che consentono di scambiare flussi a tasso fisso con flussi a tasso variabile (swap)? 

Pensate che nel caso di SVB, il portafoglio pesava circa 100 mld di dollari, con una duration media a 5,6 anni. Provando a semplificare, se i tassi salgono di 200 punti base, la perdita teorica può arrivare a circa 12 mld di dollari. E questo rischio può essere coperto dai su menzionati strumenti IRS. Perché non ci ha pensato nessuno?

Lezioni per l’Italia e le PMI

È evidente che dal caso di SVB si possano e si debbano aprire altri scenari, che in Italia sono già stati oggetto di ampio dibattito e persino di sentenze di tribunale. Qual è il ruolo del risk management e più in generale della “governance” a cui la funzione di risk management risponde?

Ebbene, è necessario chiarire questi aspetti, tracciare il confine tra l’errore professionale e la colpa grave. Differenziare l’inerzia dall’imperizia, una volta per tutte. Ed ancor meglio, riconoscere “quando” l’inerzia è essa stessa imperizia. E condannarla. In tutto il mondo questi aspetti sono ancora lontano dall’essere affrontati e risolti definitivamente, con buona pace dei risparmiatori e dei mercati.

Nel nostro piccolo, ovvero nell’organizzazione delle PMI del nostro Paese, abbiamo strumenti di analisi in grado di analizzare le minacce, di redigere piani di mitigazione dei rischi e soluzioni per trasferire l’esposizione residua dei quelli già mitigati al mercato finanziario e/o assicurativo. Servono tuttavia buoni manager! Persone consapevoli e competenti, che agiscano preventivamente ed in tempi non sospetti, poiché il valore dell’anticipazione dei rischi è talvolta maggiore del valore necessario per mitigare il rischio stesso. Il tempo risulta ancor più strategico dell’azione di mitigazione. Il “quando”, talvolta, può essere più importante del “come”.

Un futuro radioso?

Le aziende italiane stanno imparando dagli errori di quelle americane in primis, e questa è una grande notizia. Tuttavia dobbiamo attendere ancora la fine del passaggio generazionale, tutt’ora in corso, tra la generazione del boom economico degli anni ’70 e quella dei loro figli, per la stragrande maggioranza laureati, internazionali, multietnici, tecnologici e spesso scevri da pregiudizi della scuola dell” “abbiamo sempre fatto così”.

Rallegra, quanto sta accadendo alle nostre imprese. Quotidianamente ci confrontiamo con giovani imprenditori e giovani manager e, da qualche anno a questa parte, si può dire che aumentano i sorrisi approvanti e gli ammiccamenti alle azioni fortemente innovative, con particolare riferimento agli assetti “risk based”. E questo ci lascia ben sperare.

E finanche quando si propone di implementare la figura del CROChief Risk Officer – e ci si risponde “Ci stavamo pensando”, allora ci convinciamo che il nostro Paese, che se ne dica, avrà un futuro radioso!

Se poi pensiamo che in Silicon Valley Bank da nove mesi la funzione di Chief Risk Officer era stata soppressa, il sorriso sornione è il nostro.

E torniamo a casa con un Italia – Stati Uniti 1-0, al novantesimo.

Autore: R. Grattacaso, redazione FIRMA