Verso un modello di impresa che premia la prevenzione, la continuità e il merito
Il testo elaborato dal Ministero della Giustizia, per il momento ancora proposta di riforma, introduce importanti novità volte a rafforzare la cultura della legalità, valorizzando l’adozione di Modelli Organizzativi efficaci e incentivando la prevenzione dei reati.
Un intervento che si inserisce in un contesto in cui la prevenzione assume un ruolo centrale, spostando l’attenzione dal solo momento repressivo alla costruzione di sistemi organizzativi realmente capaci di intercettare e gestire il rischio.
Estinzione del reato e confisca: una svolta nell’approccio sanzionatorio
Uno degli elementi distintivi della proposta di riforma è l’introduzione di un meccanismo che consente l’estinzione dell’illecito amministrativo a carico dell’ente qualora, entro 30 giorni dalla contestazione, venga presentato un piano di riorganizzazione efficace e sia disposta la confisca dei benefici ottenuti dal reato.
Non si tratta di un condono, ma di un’opportunità regolata: l’ente ha la possibilità di dimostrare concretamente la volontà di intervenire sulle proprie criticità, evitando la prosecuzione dell’azione penale e restituendo quanto indebitamente acquisito.
Una misura che, oltre a garantire la giustizia sostanziale, tutela anche la continuità aziendale per le realtà che dimostrano di voler correggere tempestivamente i propri assetti. Si tratta di un equilibrio tra responsabilità e sostenibilità operativa, in un’ottica anche meritocratica: a trarne beneficio saranno le organizzazioni capaci di riorganizzarsi con efficacia e trasparenza.
Il Modello Organizzativo: da adempimento a leva strategica
Il Modello ex D.Lgs. 231/01 assume un ruolo cardine nel sistema. La sua effettiva adozione e attuazione potranno interrompere o evitare l’azione penale, riconoscendo il valore della prevenzione come strumento di tutela collettiva.
Il modello non sarà più valutato solo formalmente, ma anche nella sua reale capacità di prevenire reati. Le organizzazioni certificate o dotate di sistemi realmente funzionanti potranno beneficiare di un trattamento più equo e coerente.
Il testo prevede che l’adozione e l’attuazione effettiva del modello possano impedire la prosecuzione del procedimento penale nei confronti dell’ente.
Il modello sarà soggetto a una valutazione giudiziale di idoneità, anche con il supporto di enti certificatori accreditati, diventando così l’elemento discriminante tra organizzazioni formalmente adeguate e realtà realmente impegnate nella gestione del rischio penale.
Più valore alla qualità dei controlli interni: più controlli, meno formalismi
La riforma premia gli enti che dimostrano un impegno autentico nella prevenzione, superando approcci meramente formali.
Si rafforza il ruolo dell’Organismo di Vigilanza, valorizzando l’attività proattiva e indipendente, mentre viene superata la presunzione automatica di responsabilità dell’ente in caso di reato commesso da soggetti apicali, a favore di una valutazione basata su criteri oggettivi e verificabili.
Superamento del rischio di doppie sanzioni: il “bis in idem”
Tra gli aspetti più rilevanti della proposta di riforma figura il superamento del principio del “bis in idem”.
Il nuovo impianto normativo mira a impedire che l’ente venga sanzionato in via autonoma qualora per lo stesso fatto sia già intervenuta una condanna definitiva nei confronti della persona fisica.
In questo modo, si evita la duplicazione degli effetti sanzionatori a carico dell’organizzazione, garantendo un equilibrio più equo e razionale tra le responsabilità individuali e quelle dell’ente.
Questa scelta si muove nella direzione di un sistema più garantista e armonico. Al tempo stesso, contribuisce a una maggiore certezza del diritto, riducendo il contenzioso e favorendo una lettura sistemica e coerente delle responsabilità penali e amministrative in ambito aziendale.
Conclusioni: tra cultura del rischio, continuità e responsabilizzazione
La proposta di riforma del Decreto 231 non si limita ad aggiornare una normativa esistente, ma promuove una visione più evoluta del rapporto tra impresa e legalità.
Si passa da una logica meramente sanzionatoria a una che riconosce il valore del cambiamento, dell’autodiagnosi e della prevenzione.
In questa prospettiva, la compliance non è solo uno scudo, ma un fattore di competitività e reputazione.
Gli enti che sapranno cogliere questa occasione avranno non solo un vantaggio in termini giuridici, ma potranno rafforzare il proprio posizionamento sul mercato e nei confronti degli stakeholder.
Siamo di fronte a un potenziale cambio culturale: la legalità come investimento, la prevenzione come risorsa, l’organizzazione come strumento di crescita.
Un’evoluzione che, se ben compresa e implementata, può coniugare la responsabilità con la tutela della continuità aziendale, favorendo un ambiente imprenditoriale più maturo, meritocratico e sostenibile.
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